Ti è mai capitato di sentirti intrappolato in una situazione che sembra ripetersi sempre uguale, nonostante i tuoi sforzi per cambiarla?
Quella sensazione che qualcosa “ti accade” continuamente, come se fosse fuori dal tuo controllo?
E se ti dicessimo che ciò che stai vivendo non è semplicemente il risultato degli eventi esterni, ma di una realtà che hai, senza accorgertene, costruito tu?

La frase “Costruisci la realtà che poi subisci” sintetizza una verità potente: non reagiamo al mondo così com’è, ma al modo in cui lo percepiamo, lo raccontiamo e cerchiamo di gestirlo.
In questo articolo esploriamo, in modo chiaro ma fondato su solide basi scientifiche, come la nostra mente costruisce sistemi rigidi che ci fanno soffrire — e come, riconoscendoli, possiamo iniziare a disinnescarli.

L’approccio strategico ha dimostrato che non è il problema in sé a bloccarci, ma il modo in cui cerchiamo (inutilmente) di risolverlo.
Nel modello di Giorgio Nardone, ciò che mantiene in vita la sofferenza psicologica sono le cosiddette tentate soluzioni disfunzionali: comportamenti ripetitivi che, anziché risolvere il problema, lo alimentano.

Facciamo un esempio.
Una persona con ansia sociale inizia a evitare tutte le situazioni in cui potrebbe sentirsi esposta. Ogni evitamento riduce la tensione, ma conferma (alla mente) che quei contesti sono pericolosi. Risultato? Una realtà sempre più claustrofobica che la persona ha costruito e ora subisce.

A queste dinamiche si aggiungono le narrazioni personali: storie interne che danno coerenza all’esperienza vissuta. Se ti racconti “sono fatto così”, “vengo sempre tradito”, “nessuno mi capisce”, tenderai a notare solo ciò che conferma questa visione. È un meccanismo che crea una realtà apparentemente oggettiva — ma in realtà selettiva e autoreferenziale.

La realtà come sistema chiuso: da Nardone a de Shazer, da Erickson a Rossi

Le realtà problematiche non sono “errori” o “debolezze” del singolo: sono sistemi coerenti, costruiti nel tempo attraverso interazioni ripetitive tra percezioni, emozioni e comportamenti.
Nella Terapia Strategica Familiare, ad esempio, il sintomo spesso ha una funzione relazionale: mantiene un equilibrio (disfunzionale) all’interno del sistema. L’intero contesto contribuisce, anche involontariamente, alla sua persistenza.

Ma c’è anche una buona notizia: ciò che è stato costruito può essere modificato.

Nella Terapia Centrata sulla Soluzione di Steve de Shazer, il cambiamento avviene quando il paziente comincia a notare piccole eccezioni al problema: momenti in cui la realtà appare diversa, più leggera, più funzionale. Anche Milton Erickson, con il suo uso di metafore e linguaggio ipnotico, aiutava il paziente ad accedere a nuovi stati di coscienza, utili a rompere schemi rigidi e accedere a risorse interne trascurate.

Il Ciclo Creativo di Rossi, infine, mostra come la mente e il corpo cooperino nella costruzione dell’esperienza: ogni trasformazione richiede un’interruzione, una transizione, un tempo fisiologico di riorganizzazione.
La realtà non è lineare. È un processo. E può evolvere.

Conclusione – Uscire dalla trappola della realtà che manteniamo

Abbiamo visto che la realtà che viviamo è frutto di percezioni selettive, narrazioni rigide e tentativi di soluzione ripetuti.
Non subiamo semplicemente ciò che ci accade: partecipiamo attivamente alla costruzione di ciò che poi ci condiziona.
Questa consapevolezza, se ben guidata, può aprire lo spazio per un cambiamento profondo, concreto e immediato.

Il primo passo? Osservare come alimentiamo la realtà che ci fa soffrire.
Il secondo? Smettere di lottare con ciò che non funziona, e cominciare a fare qualcosa di strategicamente diverso.

Perché sì: costruiamo la realtà che poi subiamo. Ma possiamo anche scegliere di costruirne una nuova.

📚 Fonti e riferimenti

  • Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R. (1974). Change: Principles of Problem Formation and Problem Resolution. Norton.
  • Watzlawick, P. (1981). La realtà inventata. Feltrinelli.
  • Nardone, G., Portelli, C. (2005). Le tentate soluzioni. Ponte alle Grazie.
  • Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Ponte alle Grazie.
  • De Shazer, S. (1991). Putting Difference to Work. Norton.
  • Erickson, M.H., Rossi, E. (1979). Hypnotherapy: An Exploratory Casebook.
  • Rossi, E. (2002). The Psychobiology of Mind-Body Healing.
  • Haley, J. (1976). Problem-Solving Therapy.
  • Minuchin, S. (1974). Families and Family Therapy. Harvard University Press.